Dal dubbio metodico all’intuizione del cogito


 Cartesio ritiene che la conquista del sapere non sia né impossibile né difficile se si osservano alcune regole essenziali nella ricerca della verità. Essa è accessibile all'intelletto umano attraverso il metodo d'indagine finalizzato alla ricerca della verità nelle "scienze", tenendo conto però che nel latino del Seicento il termine scientia significava "conoscenza". Il fatto che tutti non riescono a raggiungere la certezza della verità non dipende da un limite della natura umana, ma dall'assenza di un metodo corretto. Perciò, visto che la ragione è per natura uguale in tutti gli uomini, la diversità delle nostre opinioni dipende dal fatto che conduciamo i nostri pensieri per vie diverse e non prendiamo in considerazione le stesse cose. Si capisce, inoltre, che Cartesio attribuisce tutta l'importanza al metodo e alla ragione per il suo utilizzo praticodelle conoscenze in vista del progresso civile e materiale degli uomini. Cartesio in un passaggio del "Discorso sul metodo", sottolinea questo aspetto dell'utilità della conoscenza vista come mezzo per migliorare la vita umana. Cartesio definisce le caratteristiche essenziali del "metodo", termine che deriva dalla lingua greca e significa via o sentiero che ci consente di raggiungere la meta desiderata e, in questo caso, la verità. Cartesio sin dalla sua opera giovanile osserva che la matematica e la geometria dispongono di un ottimo metodo, perché sono discipline che vertono intorno a un oggetto ben definito e chiaro. Le caratteristiche del metodo di Cartesio dovranno, perciò, rispecchiare quelle della matematica; in altre parole le mente umana può raggiungere una conoscenza certa in ogni campo della conoscenza se imita il modo di procedere della matematica, cioè se si basa solo su oggetti inutili con evidenza. 

La prima è la regola dell'evidenza che consiste nella chiarezza e distinzione. Questa regola prescrive di accettare come vere solo le idee chiare e distinte, cioè solo su ciò che la mente può intuire in modo immediato e semplice. Con questa regola egli condanna la tendenza spontanea dell'uomo a dare pregiudizi che gli ostacolano la conoscenza della verità.

Il punto di partenza per la conoscenza è il dubbio metodico, cioè un dubbio universale e totale che rifiuta ogni opinione che sia sospettabile di falsità. Cartesio tratta dello sviluppo del dubbio nelle Meditazioni. Esso si intensifica ed estende fino a comprendere tutta la prima meditazione e parte della seconda. Ora il filosofo revoca in dubbio tutta la realtà, a partire da quella sensibile; i sensi a volte ci ingannano ed è prudente, dunque, non dargli piena fiducia. Cartesio scrive che finché non abbiamo raggiunto un punto certo possiamo sempre supporre che noi siamo stati creati, non da un Dio buono e saggio, ma da un genio maligno che ci vuole ingannare. Perciò, si deve supporre che tutto ciò che vediamo, sentiamo e giudichiamo è falso e ingannevole: il dubbio è diventato così universale e radicale e viene chiamato iperbolico. L''unica verità che il dubbio non può indebolire è che io penso ed io esisto, si va perciò dal dubbio alla certezza dell'io, inteso come soggetto del pensiero.

Per capire la struttura del cogito (termine latino che significa "io penso") occorre precisare che esso non si identifica con pensiero astratto e indeterminato, ma con l'esperienza in atto del pensare. Cioè la struttura del cogito non è una ripetizione della vecchia definizione dell'uomo come animale razionale, ma indica proprio l'attualità del pensare. Infatti, traducendo questo termine in lingua inglese, uno studioso di Cartesio usa il presente progressivo sto pensando, invece del presente semplice io penso. Il cogito di Cartesio non ha la struttura del sillogismo aristotelico, cioè io penso dunque io esisto, ma è un immediata intuizione della mente che, partendo dall'esperienza del dubbio, coglie la sicurezza che colui che sta pensando di dubitare di tutto, almeno finché pensa, è sicuro di esistere. La certezza del cogito ergo sum non deriva, perciò, da un ragionamento formale, ma si basa sull'esperienza personale del pensiero. Il cogito cartesiano presenta una struttura del tutto nuova: solo colui che dubita di tutto, proprio in quanto sta dubitando è anche persuaso dal fatto che pensa: infatti, il dubitare è un caso particolare del pensare. Ora, avendo la certezza della propria esistenza, Cartesio vuole chiarire qual è la natura di tale esistenza, egli si chiede, cioè, se grazio al cogito sia possibile sostenere con sicurezza l'esistenza del corpo e del mondo al di fuori di sé. La certezza che esce dal cogito, però, non riguarda l'esistenza del mio corpo ma attiene solo al mio pensiero e a tutte le sue determinazioni essenziali. Ad esempio, scrive, se in questo momento percepisco il computer su cui sto scrivendo, sono certo di esistere in quanto penso di percepire tale oggetto, anche se non posso essere sicuro dell'esistenza del computer. Infatti, l'esito del cogito è il raggiungimento della certezza del mio esistere come soggetto pensante e non come essere dotato di corpo.



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